Un concerto dalla forte carica emotiva è stato quello dedicato ad Aldo Ciccolini sabato 1 aprile 2017, nella Sala Scarlatti del San Pietro a Majella, dal pianista Antonio Di Palma, napoletano, uno tra i più stimati ed eclettici pianisti del panorama musicale italiano ed europeo, solista raffinato, diplomatosi con il massimo dei voti presso il Conservatorio stesso , nell’ambito della rassegna dei “Venerdì musicali” 2017, in nome del grande pianista scomparso a Parigi nel 2014.
Il recital è risultato particolarmente impegnativo, soprattutto in apertura con la Fantasia in do magg. Op. 15 “Wanderer” di F. Schubert , che ha anticipato i cinque valzer di F. Chopin più conosciuti, l’ Op. 69 n. 1, l’Op. 64 n. 1 e n. 2, l’Op. 34 n.2 e il Grande Valse Brillante Op. 18.
La Wanderer-Phantasie presenta un notevole grado di difficoltà esecutiva. Basti pensare che lo stesso compositore, che, come è noto, non fu un grande virtuoso, non riuscì mai ad eseguirla, ma, nonostante ciò, egli si è voluto spingere oltre le sue possibilità fisiche, realizzando un’opera di ampio respiro, dal carattere brillante e maestoso, inusuale rispetto ai toni intimi e pacati delle sue altre pagine pianistiche.
La Wanderer-Phantasie presenta un carattere ciclico e il momento più intenso sotto il profilo estetico è rappresentato dall’Adagio centrale, in cui viene fuori il purissimo canto schubertiano. Interessante quello che scrisse Schumann a Lipsia, il 13 agosto 1828, nel suo diario dopo aver avuto fra le sue mani una partitura dell’opera: «Schubert ha voluto qui riunire un’intera orchestra in due sole mani, e l’appassionato inizio è un inno di serafini a lode della divinità; si vedono gli angeli in preghiera; I’Adagio è una pacata riflessione sulla vita e la spoglia del velo che la ricopre; infine le fughe levano un tonante canto sull’immensità dell’uomo e dei suoni….»
Ancora un brano destinato ad esecutori dotati di grandi abilità tecniche: il Grand Caprice de Concert Op. 60 su “La Traviata” di J. Ascher, in cui, con uno schema formale estremamente lineare, le melodie verdiane vengono sottoposte a variazioni ornamentali finalizzate all’esplorazione delle potenzialità virtuosistiche prodotte dalla trasposizione strumentale.
Straordinaria varietà di ritmi nella “Rhapsody in Blue” di G. Gershwin , nella versione del 1924, che indusse lo stesso compositore a definire la Rapsodia «un caleidoscopio musicale dell’America, col nostro miscuglio di razze, il nostro incomparabile brio, i nostri blues, la nostra pazzia metropolitana». E ricordava ancora lo stesso Gershwin: «È stato sul treno, con i suoi ritmi d’acciaio, il suo rumore secco e violento che è così spesso stimolante per un compositore (mi capita frequentemente di sentire la musica proprio quando sono immerso nel rumore) che all’improvviso ho sentito – persino visto sul foglio – l’intera Rhapsody, dall’inizio alla fine».
Così è nato questo capolavoro, il segreto di una partitura che ogni volta che la si ascolta, anche in versione pianistica, regala sempre belle sensazioni, ricche di energia positiva, nonostante attimi di malinconia cancellati immediatamente dalla ripresa della potenza armonica che sembra offrire continuamente linfa nuova.
Per l’occasione, il maestro Antonio Di Palma ha suonato il “pianoforte di Ciccolini” che il maestro scelse dalla storica ditta Progetto Piano di Alberto Napolitano per il suo studio a Napoli e le sue esibizioni in tutta Italia: un Shigeru Kawai adesso acquistato dal Conservatorio di Napoli e che nel 2007 il grande pianista e didatta, oltre che compositore, ne volle autografare la tavola armonica.
«Così l’Istituto può vantare due pianoforti autografati, uno da Mercadante e l’altro da Ciccolini: un grande privilegio ». Queste le parole di Elsa Evangelista, Direttrice del Conservatorio San Pietro a Majella.
Una sala gremita in ogni ordine di posti ha saputo tributare calorosi applausi, omaggio ad un artista che ha ricambiato con due bis, di cui il primo inedito, un breve frammento in Mi bemolle composto dal maestro Ciccolini nel 1942 e da lui chiamato “Pastoral” e il “Concerto di Varsavia” di Richard Addinsel, scritto in origine per il film drammatico del 1941 “Dangerous Moonlight”.
Katia Cherubini
Foto di Emanuele Ferrigno ©