Nella sua esperienza da deputato al Parlamento del Regno d’Italia Verdi si annoia molto, è lì e non parla, nemmeno quando era stato deputato delle Provincie Parmensi che si riunivano a Parma era entusiasta e attivo, ma votava disciplinatamente come Cavour, governate di uno Stato a quel tempo straniero, gli suggeriva di fare.
Eppure Verdi è stato uno dei protagonisti del Risorgimento.
Ma torniamo indietro, nel 1848 nel pieno delle rivoluzioni democratiche, Verdi pensa alla sua casa di S.Agata, pensa ai salotti milanesi di Clara Maffei, ma è affascinato dalle cinque giornate di Milano, tanto da scrivere al Piave che sarebbe partito immediatamente per Milano, per dare: “onore a quei prodi, devo vedere con i miei occhi le barricate, onore a tutta l’Italia tra pochi anni o forse mesi, sarà UNA, LIBERA E REPUBBLICANA” e aggiunge ancora: “in questo momento non c’è e non ci deve essere altra musica per gli italiani del 1848 che la musica dei cannoni…”.
Verdi è distratto, sta lavorando ad un opera che in realtà non vorrebbe più completare, l’opera che diverrà la più risorgimentale delle sue opere: “La battaglia di Legnano”.
Verdi si entusiasma per i moti risorgimentali, tifa per Garibaldi, tifa per Mazzini poi lo vedremo tifare per Cavour, perché, pur se da uomo vicino alle popolazioni, si rende conto della necessità di una figura di leader per assicurare un processo unitario all’Italia.
Nel 1869, nel momento clou della spedizione di Garibaldi, parlando con il direttore d’orchestra Mariani, non gli chiede un resoconto dell’esecuzione musicale, bensì gli chiede come va la “musica” di Garibaldi.
E’ chiaro che in questo momento questa è l’unica musica che gli interessa, il seguire le vicende politiche italiane.
Siamo nel 1855 quando Verdi comprende che non è più il momento dei pugnali nell’ombra, bensì quello della lotta aperta, faccia a faccia, è il momento dei “Vespri” che sono il simbolo di Verdi della grande diplomazia che non può più essere Mazzini, ma sicuramente è Cavour (Vespri Atto II scena I).
Giovanni da Procida è il medico cospiratore de “I Vespri Siciliani” che si ribella incondizionatamente, anche a costo di schiacciare i sentimenti di uno dei suoi Arrigo…e tutti comprendono che dietro la figura di Giovanni da Procida si nascondeva una figura Mazziniana.
Il 1859 è l’anno della II Guerra d’Indipendenza, la duchessa di Parma è fuggita, i piemontesi battono gli austriaci, e la vera partita si svolge nell’aula parlamentare, Verdi decise di candidarsi e viene eletto all’assemblea delle Provincie Parmensi, il piccolo parlamento locale, che vuole l’annessione dell’ex Ducato di Parma e Piacenza al Piemonte.
È ora che Verdi stringe rapporti con Cavour, e due anni dopo Cavour gli proporrà la candidatura al I Parlamento del Regno d’Italia.
Verdi non è inizialmente contento, si annoia nelle sedute di aula, ma Cavour insiste in quanto una figura come lui, compositore di Traviata, Rigoletto e Trovatore, avrebbe fatto certamente bene al Parlamento di Torino, quindi costretto e per stima, a seguito della vittoria al ballottaggio viene eletto al Parlamento.
Il 4 febbraio 1861 Verdi è deputato, partecipa a tutte le sedute storiche della Camera del I Parlamento del Regno d’Italia, quella dove Vittorio Emanuele è proclamato Re d’Italia, quella dello scontro tra Mazzini, Garibaldi e Cavour.
Verdi ha dato un contributo alla costruzione dell’identità nazionale, grazie al suo patriottismo che ritroviamo nei contenuti delle sue opere, ma era quello il tempo di unire in cui pure Mazzini già guardava oltre le Alpi, all’Europa dei popoli.
La posizione politica di Verdi era che : 1) lo stato avrebbe dovuto tutelare la ricchezza della popolazione ottenuta attraverso il merito, in quanto Verdi temeva le rivolte sociali che sbandieravano le forze di sinistra 2) lo Stato fosse sorretto da uomini capaci, forti, coraggiosi e competenti, e che fosse laico. Esattamente il contrario di ciò che accade nel Don Carlo al Re di Spagna Filippo II durante il dialogo col grande inquisitore, che gli chiede di consegnare alla giustizia il Marchese di Posa, uomo di fiducia del re, persona onesta, capace, un amico. Il Re Filippo resta sconcertato e in preda ad una paralisi interiore, esattamente la paralisi che Verdi mai avrebbe voluto vedere nello stato italiano.
In Simon Boccanegra nella scena del Consiglio rifatta insieme a Boito, troviamo il Doge di Genova al attorniato dal Consiglio che urla guerra contro Venezia, e invece Verdi sfruttando le parole di Petrarca, grida alla pace, come concordia civile “…e vò gridando pace, e vò gridando amor…”(Atto I scena II).
Concordia civile intesa come pace all’interno dello Stato, pace e concordia tra le parti sociali per il bene di tutti.
Verdi è sensibilissimo a questi problemi, dal salotto elegante della sua agiatissima casa dice: “se i nostri governanti mettono tasse su tasse, i proprietari non riescono a pagare i contadini, che a loro volta non riusciranno a lavorare, quindi il denaro non circolerà più e si morirà tutti di fame”.
C’ è qualcosa di attuale in questo discorso: lo sfruttamento di lavoratori e contadini.
Il 6 giugno 1861 muore Cavour e Verdi si ritrova disperato, senza il suo punto di riferimento in parlamento, stava scrivendo la sua opera La Forza… quando comprende che ancora qualcosa poteva farla con le proprie idee, così completerà questa sua esperienza parlamentare, revisionando definitivamente la legge per il diritto d’autore, che oggi meriterebbe di essere riconsiderata, ma che almeno esiste.
Gabriella Spagnuolo