“Quel giorno Renzo uscì, andò lungo quella strada e una Ferrari contro lui si schiantò/ il suo assassino lo aiutò e Renzo allora partì verso un ospedale che lo curasse per guarir.
Quando Renzo morì io ero al bar.
La strada era buia, si andò al San Camillo e lì non l’accettarono forse per l’orario/si pregò tutti i Santi ma s’andò al San Giovanni e lì non lo vollero per lo sciopero.
Quando Renzo morì io ero al bar/ era ormai l’alba andarono al Policlinico
ma lo si mandò via perché mancava il vicecapo/c’era in alto il sole si disse che Renzo era morto/ma neanche al Verano c’era posto”.
(da Quando Renzo morì io ero al bar – Rino Gaetano)
Così come descritto (profeticamente?) da lui stesso in questa canzone realizzata negli anni Settanta, muore giovanissimo nel 1981 Rino Gaetano, un artista che molti ancora ricordano e moltissimi oggi riscoprono, apprezzandone la verve, l’originalità, il piglio dissacrante, goliardico e la tagliente ironia che lo rese unico. Basti solo dire che nel tempo una moltitudine di cantanti hanno interpretato i suoi brani e si sono ispirati in vario modo alla sua figura.
Siamo in un garage, dove tra mille oggetti spicca un bel manifesto che lo ritrae e quattro ragazzi pugliesi sono riuniti per provare la sua musica. E’ l’ora della grande occasione per la band: un concorso a Vigevano, insieme ad altri gruppi importanti, bisogna definire la scaletta, magari con brani inediti o meno conosciuti (no, Gianna no) bisogna che tutto funzioni, bisogna “spaccare”. Su questa trama è costruito lo spettacolo portato in scena dalla compagnia Compagnia teatrale Colpo di Maschera, con la regia minimalista di Mimmo Capozzi, al Festival XS di Salerno domenica 3 marzo 2019. Sul palco i Ricover (Raffaele Trisciuzzi, Vito Cofano, Stefano Bux e Demy Ditano) che tra un brano e un altro lasciano trapelare un’ammirazione e un amore per questo autore che va oltre l’aspetto musicale. Scegliere i pezzi diventa un pretesto per parlare dei suoi testi, del suo pensiero scomodo, libero da etichette, irriverente e canzonatorio, graffiante e polemico.
«A Vigevano avremo la possibilità di resuscitare Rino e le sue idee» ripete infervorato Raffaele, tastierista e voce del gruppo, mentre risuonano Sfiorivano le viole, Mio fratello è figlio unico, Escluso il cane, Spendi spandi effendi. Demy, il chitarrista vorrebbe inserire dei numeri di magia ma non se ne parla proprio… Tra una birra e qualche scaramuccia tra i quattro (Vito, il percussionista, propone riarrangiamenti personalizzati di alcuni brani del mitico Rino che non saranno approvati per la trasferta a Vigevano) la lista si allunga con Rosita, Al compleanno della zia Rosina, Cogli la mia rosa d’amore, Ma il cielo è sempre più blu. Raffaele insiste, queste “canzonette” (talvolta censurate), sono dei veri “messaggi nella bottiglia” con tematiche sociali e politiche come la conquista dei diritti civili; la questione meridionale; l’emigrazione, l’emarginazione; la corruzione; l’alienazione industriale; la denuncia al potere e alla massoneria, nascoste tra rime e suoni. La scelta si fa ardua ma anche Nun te reggae più, E io ci sto, Ti ti ti ti, I miei sogni d’anarchia, Supponiamo un amore, saranno suonate nell’attesissima esibizione. Intanto Stefano, l’altro chitarrista, asseconda il leader un po’ dispotico ma l’entusiasmo sta per svanire… Raffaele in un impeto di venerazione per il pensiero fuori dagli schemi del proprio beniamino, pubblica sulla sua pagina Facebook (ahinoi!) «Toglieremo per sempre quel dannato bavaglio», parafrasando Rino che in un discorso prima di intonare Nuntereggae più, sulla spiaggia di Capocotta (citata nella canzone), affermò con una lungimiranza sorprendente:
«C’è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio! Io non li temo! Non ci riusciranno! Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni! Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno che cosa voglio dire questa sera! Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale! E si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capocotta».
Il manager Mimmo comunica che il post, troppo “politico”, ha dissuaso gli organizzatori. La serata è improvvisamente annullata, tra la delusione e l’indignazione corale, ma forse non tutto è perduto…e chi vivrà vedrà.
Una performance in cui si intrecciano fili musicali ad una recitazione spontanea, che con semplicità racconta attraverso i commenti, le incredibili coincidenze, le notizie autentiche, i testi anche non sense, la parabola artistica ed umana di un ragazzo di Crotone, giunto al successo grazie alla sua personalità apparentemente leggera, sì, ma che non disdegnava, come un giullare fuori tempo, di lanciare le sue invettive contro l’ingiustizia e i potenti asserviti.
A noi che lo abbiamo apprezzato durante la sua breve esistenza piace pensarlo, assieme a tutti gli altri andati via troppo presto, lì, dove il cielo è sempre più blu. Ai Ricover che lo propongono con questo spettacolo celebrativo ed affettuoso, in bilico tra intrattenimento, storia italiana, interrogativi e riflessioni, il meritato successo di pubblico.
Dadadago