O Patria mia…Giacomo Leopardi, la poesia e l’Italia nel racconto di Corrado Augias al Teatro Verdi di Salerno

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L’immaginazione è il primo fonte della felicità umana. Quanto più questa regnerà nell’uomo, tanto più l’uomo sarà felice.” E di immaginazione Giacomo Leopardi, che ne scrisse così tra gli appunti dello Zibaldone, seppe vivere e nutrire il suo animo e il suo intelletto. Al grande poeta recanatese lo scrittore e giornalista Corrado Augias ha dedicato lo spettacolo “O Patria mia…Leopardi e l’Italia” con la regia di Angelo Generali, in scena il 14 giugno 2018 al Teatro Verdi di Salerno. L’idea nasce in occasione del 150° anniversario dall’Unità d’Italia, lo spettacolo rappresentato per la prima volta a Spoleto nel 2011 è l’occasione per ripercorrere una vita segnata dalla poesia ma anche dall’impegno civile che ispirerà il giovane Leopardi a scrivere dell’Italia, della sua decadenza rispetto ai fasti del passato, dandone un giudizio critico severo. Corrado Augias parte dalla vita familiare, ricorda l’austera figura paterna del Conte Monaldo attraverso uno scritto di Alfredo Panzini, che al nobiluomo recanatese dedicò una breve ma preziosa biografia, ma anche la devotissima quanto rigida Adelaide, madre molto parca di tenerezze nei confronti dei figli. Il giovanissimo Giacomo della sua infanzia ricorderà lo studio intenso, i libri e la famosa biblioteca paterna, i precettori che scandiscono le sue giornate “unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia” così si sfogherà in una delle prime lettere scritte a Pietro Giordani, scrittore piacentino con il quale intraprese un importante rapporto epistolare e una duratura amicizia. La solida formazione erudita ed umanistica, Leopardi scriveva in latino fin dall’età di nove-dieci anni, non potrà però soddisfare le istanze di una sensibilità che cercherà appagamento nella poesia e nel sentimento poetico, ma sarà anche il tempo della scoperta dei valori liberali e del patriottismo con la stesura a vent’anni di due canzoni All’Italia e Sopra il monumento di Dante. Giacomo aderisce a quel tipo di letteratura di impegno civile che aveva appreso dall’amico piacentino, ma se le anguste mura di Recanati gli creavano oramai insofferenza e desiderio di fuga, l’uscita da Recanati per un soggiorno romano presso uno zio materno nel 1823, e la scoperta della grande corruzione della Curia, lo delusero non poco. Seguirono Milano, Bologna, Firenze e Pisa, i vari salotti intellettuali ma la salute malferma lo costrinse a ritornare a Recanati. Il racconto di Augias è scandito dalla chitarra del M° Stefano Alberello, un esemplare del 1830, con una sequenza cantata di arie e romanze da camera, stornelli e melodie, che rievocheranno quanto si poteva ascoltare nei salotti aristocratici del tempo. La scelta musicale è accurata, il racconto sapiente e coinvolgente, a tratti accorato, per un innegabile divulgatore che non ci si stancherebbe mai di ascoltare. Uno spettacolo emozionante e godibile, di cui si è apprezzato il pregio di un’attenta ricerca musicale e filologica, si va da Rossini a Donizetti, ma di grande atmosfera è l’accorato stornello romano “A tocchi, a tocchi la campana sona”, canzone antica ed anonima, ‘rivisitazione’ del ‘canto del carcerato’ che risale alla seconda metà del 1700 che fa da sfondo al racconto del soggiorno romano che tanto deluse il poeta. E dell’Italia Leopardi, oramai lontano dalla fede cristiana, parla nel suo Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani scritto nel 1824, ma pubblicato solo nel 1906, dove severo è il giudizio sulla situazione… l’Italia è un paese dove non si conversa o si discute pacatamente, ma si schernisce l’interlocutore; un paese in cui non si gareggia per l’onore, e da uomini d’onore, ma ci si combatte all’ultimo sangue; una terra dove non c’è convivenza civile, ma forzata; una società in cui non si collabora per il bene comune ma ci si sbrana, tutto perché mancano quei legami che fanno di una collettività una “società stretta”, intendendo per stretta coesa e rispettosa di regole e valori condivisi. Corrado Augias non a caso si sofferma su questo scritto che nonostante sia di due secoli fa descrive mali che ancora oggi affliggono il nostro Paese. Pensieri in sintonia con i sentimenti di pessimismo e delusione che caratterizzeranno anche il poemetto lirico-filosofico La Ginestra, composto nel 1836 presso la Villa Ferrigni di Torre del Greco. Osservando una ginestra sulle pendici del Vesuvio, in questo testo che può essere considerato il testamento poetico di Leopardi, il poeta riflette sulla condizione umana e sulla Natura, ma la fine in un afoso giugno del 1837 è prossima, in una Napoli colerica e rivoltosa. E pure lo spettacolo volge al termine. Sulle note di una struggente Fenesta Vascia, canzone del 1500, nel testo di Giulio Genoino che adattò i versi antichi al napoletano del 1800, ci abbandoniamo anche noi all’immaginazione e sembra quasi di vedere altre finestre, quelle della casa paterna a Recanati, e il poeta intento a contemplare le stelle e ragionare con loro.

Marisa Paladino

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